Il collettivo “Nubi Pe(n)santi” è costituito da un gruppo di adolescenti residenti
nella ValMessa, Bassa Val di Susa, che si interrogano, negli spazi dell’Associazione
LiberAmente, concessi dal Comune di Almese, in collaborazione con la Consulta
Giovani, su argomenti a loro cari, su cui hanno necessità di esprimersi
liberamente, senza giudizio, scambiando pensieri ed emozioni, utilizzando diversi
linguaggi.
La costante è la maieutica; ragazzi e ragazze sono invitati a porsi domande e ad
argomentare su temi di loro interesse, che vengono sviluppati e approfonditi
mediante situazioni stimolo e dialogo, in presenza e con la facilitazione di un adulto
(Il Sorriso Educante).
Il percorso nasce con il laboratorio settimanale “Perchè” nell’a.s. 2021/22 che ha
condotto alla richiesta, da parte dei ragazzi e delle ragazze, di concludere a luglio
con un campo estivo di una settimana, in Alta Val di Susa al Deveys, Salbertrand:
“Semi di Bellezza”. In questa occasione hanno condiviso la quotidianità dei pasti
(inclusa la preparazione della colazione e di un pranzo e una cena e la pulizia degli
spazi e delle stoviglie), l’organizzazione e strutturazione della giornata. Al mattino
veniva proposta un’attività stimolo sul tema “Bellezza” e nel pomeriggio, dopo
pranzo, “Il Simposio”, in cui si leggeva “Il Simposio” di Platone e si dialogava sui
temi affrontati. A fine campo una mattinata di restituzione finale del e per il gruppo e
i genitori, nella quale i ragazzi e le ragazze hanno riscritto i dialoghi di Platone,
trasformandoli in una rappresentazione teatrale che ha condotto, l’anno successivo,
all’evoluzione di “Perché” in “Pensieri ed emozioni in movimento” a.s. 2022/23.
Canovaccio del percorso la lettura de “L’arte di amare” di Erich Fromm.
Moltissimi i temi proposti da e intorno all’opera che è confluita in uno spettacolo
teatrale aperto alla cittadinanza e patrocinato dal Comune di Almese.
Poiché i ragazzi e le ragazze nei pomeriggi del laboratorio necessitavano sempre di
un momento di defaticamento e discussione sulla scuola, al campo estivo “Semi di
Bellezza 2023”, è stato inserito il tema “scuola” nel simposio post pranzo. Si sono
creati dei gruppi di allievi/e della scuola media secondaria di primo grado (II e III) e
di allievi/e della scuola media secondaria di secondo grado. Si sono interrogati/e
sulla scuola con le domande “cosa funziona”, “cosa non funziona” e “come la
vorresti”; ne hanno discusso e sono stati creati tre cartelloni con le loro risposte e
argomentazioni.
Il tema è stato inserito nella programmazione ad ottobre 2024, quando, ripreso il
laboratorio con frequenza settimanale, il gruppo ha deciso di costituirsi collettivo e
chiamare il laboratorio stesso e Nubi pe(n)santi.
A gennaio 2024 si è ripreso il tema scuola con il Teatro dell’oppresso: una due
giorni in cui dieci adolescenti e dieci adulti educatori (insegnanti e genitori) si sono
messi in gioco e in discussione in un emozionante occasione di scambio.
Tra marzo e aprile 2024 si sono ripresi i lavori sul tema scuola, i cartelloni del
campo e il vissuto del TdO; con una rappresentanza, supportati dall’associazione
LiberAmente Aps, hanno partecipato al convegno nazionale “La scuola non è una
gara” organizzato dal CPP e il gruppo ha deciso di scrivere una lettera alla scuola,
agli/alle insegnanti, ai genitori, per esprimere le loro opinioni e chiedere ascolto e
confronto.
LETTERA ALLE SCUOLE
Scarica la lettera in formato pdf
Che cos’è la scuola? In termini tecnici è l’organizzazione volta a fornire
un’educazione e una formazione umana e culturale agli individui. Molte volte
viene definita la seconda casa di noi giovani in quanto vi trascorriamo gran
parte del nostro tempo; è davvero così? Per definirla tale è necessario che il
significato del termine, che in quest’accezione rappresenta un luogo sicuro, di
confronto e di supporto, coincida realmente con l’ambiente che si respira
all’interno della scuola. La maggior parte di noi non sente questo luogo simile
a una casa perché nel percorso scolastico gli aspetti negativi prevalgono
rispetto a quelli positivi.
Tra le prime criticità vi è il giudizio: essere valutati e valutate e avere un voto
che giudichi il nostro operato non può che generare in ognuno di noi un
vorticoso senso di ansia e frustrazione che non ci permettono di capire quale
sia il vero obiettivo della scuola. I professori e le professoresse spesso
affermano che ciò che importa non è il voto, ma ciò che impariamo e la
conoscenza che sviluppiamo, ma allo stesso tempo premono sugli studenti e
le studentesse affinché ottengano determinati numeri; ma come può essersi
mai generata tale concezione, se non da un sistema che premia il più
performante?
Inoltre spesso manca la coerenza tra professori: ci insegnano che il giudizio
personale negativo non va bene, ma invece perché quello positivo va bene?
Certo che sentirsi dire “bravo/a” fa piacere a chi lo riceve, ma tutti gli altri e le
altre? Se si ritiene sbagliato il giudizio lo si deve fare per tutte le forme di
questo. Spesso a scuola si viene “catalogati” in base all’immagine, ai
comportamenti, all’andamento scolastico… la scuola dà agli studenti l’idea di
doversi creare una “reputazione” per non essere etichettati negativamente
dagli/dalle insegnanti. Abbiamo spesso l’impressione che alcuni/e abbiano
preferenze, “voti fissi”, aspettative verso alcuni studenti e studentesse, i quali/
le quali non sempre le soddisfano e nutrono un senso di colpa per generato
delusione. Suddetta modalità favorisce il propagarsi di pregiudizi: non è raro
che un/a docente si accanisca nei confronti di uno o più studenti per il
rendimento, che ci si aspetta sia sempre continuo e lineare. Questo dà origine
a delusioni, aspettative e preferenze, che influenzano negativamente la
classe, il rapporto fra pari e il rapporto professionale tra le due parti. Si
innesca una competizione “sgomitante, muscolare, darwiniana” in cui si perde
di vista il significato originario di “cumpetere: procedere insieme, correre
insieme verso la stessa meta” (Ivano Dionigi in “Parole che allungano la vita”).
Il sistema scolastico promuove una standardizzazione degli/delle allievi/e
che annulla di fatto il progresso di formazione umana, il pensiero critico, punti
cardine della crescita individuale, favorendo un conformismo opprimente; di
conseguenza viene ridotta anche la soggettività di ognuno/a, impedendo ai
singoli di esprimersi attraverso canali, modalità e sfumature differenti. Infatti
molto spesso accade che ogni professore/ssa desideri creare una copia di se
stesso nei propri studenti e studentesse, lo si può notare, ad esempio,
nell’imposizione di un metodo di studio secondo lui/lei efficace.
Il registro elettronico è un altro punto su cui abbiamo discusso molto. È
certamente un supporto che però genera un controllo assiduo e continuo e
annulla autonomia e indipendenza. Inoltre i nostri genitori vengono
costantemente informati di quello che facciamo, i voti che prendiamo, dove
siamo, annullando la comunicazione tra genitori e studenti, in quanto i genitori
vengono a sapere l’esito delle prove ancor prima che gli alunni e le alunne
possano comunicarglielo, quella tra studente/studentessa e docente, poiché ci
viene data una valutazione prima di poter apprendere gli errori commessi, e
infine quella tra studenti e studentesse, dal momento che non vi è necessità di
domandare al gruppo classe quali attività si sono svolte e quali compiti siano
stati assegnati. Nell’ambiente scolastico scarseggia notevolmente uno degli
elementi primari e fondamentali per il funzionamento delle relazioni umane: la
comunicazione. Comunicare è nella sua essenza ascolto, comprensione,
empatia, scambio di informazioni, bisogni ed emozioni; è la chiave che
consente di immedesimarsi nell’altro/a per rendere soddisfacente ogni
rapporto. Nella scuola dovrebbe costituire la base. La sua mancanza è spesso
dovuta alla distanza imposta dal sistema gerarchico che erige muri invisibili
quanto spessi che impediscono la comunicazione alla pari tra studente e
docente, o più in generale tra un individuo di un “gradino più basso” e uno di
un “gradino più alto”.
Per ciò che concerne le lezioni riscontriamo ostacoli nella completa efficacia
dei metodi didattici: da lezioni di tipo frontale alla mancanza di
interdisciplinarità, da metodi di insegnamento che uccidono la curiosità e la
voglia di imparare all’incuranza dei bisogni di ciascun alunno e alla carenza di
attività alternative; tutto ciò perché traspare che ai professori interessi
maggiormente terminare in tempo il programma scolastico prefissato rispetto
a far interessare e appassionare gli studenti alla propria disciplina.
Quanto scritto è frutto delle nostre percezioni in veste di studenti e
studentesse, dello scambio generato in occasione di più incontri (Il Teatro
dell’Oppresso e i laboratori maieutici in uno spazio associativo che ospita le
nostre discussioni), ma non neghiamo che se si utilizzasse un dialogo efficace
all’interno delle mura scolastiche, così infrangendo, almeno in parte, le
barriere che ci separano, si potrebbe giungere a punti d’incontro utili a rendere
la scuola un posto migliore per tutti e tutte.
Il nostro obiettivo è diffondere le nostre voci perché crediamo nella possibilità
di un lavoro collettivo che permetta un radicale cambiamento.
Il filosofo Edgar Morin nel suo saggio “Insegnare a vivere; manifesto per
cambiare l’educazione” scrive: “Se insegnare è insegnare a vivere, è
necessario individuare le carenze e le lacune del nostro insegnamento attuale
per affrontare problemi vitali come quelli dell’errore, dell’illusione, della
parzialità, della comprensione umana, delle incertezze che ogni esistenza
incontra. […] La scuola e l’università insegnano alcune conoscenze, ma non
la natura della conoscenza, che porta in sé il rischio di errore e di illusione,
poiché ogni conoscenza, a cominciare dalla conoscenza percettiva fino alla
conoscenza tramite parole, idee, teorie, credenze, è nello stesso tempo una
traduzione e una ricostruzione del reale.”
Collettivo Nubi Pe(n)santi
Almese, 25 settembre 2024
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